Agguato a Napoli, la faida dei 20enni da Bucarest alle Case Nuove

Preso il giovane ferito nel raid alle Case Nuove: «Tentò di uccidere i fidanzati a piazza Carlo III»

Far West nel cuore di Napoli
Far West nel cuore di Napoli
di Viviana Lanza
Sabato 20 Gennaio 2024, 23:00 - Ultimo agg. 21 Gennaio, 19:55
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I poliziotti lo hanno rintracciato alle Case Nuove dove vive, a pochi giorni dall’agguato da 80 proiettili e una passante ferita per sbaglio che mercoledì sera ha fatto ripiombare Napoli nel terrore e nel sangue. Giuseppe Nicola Moffa, diciotto anni compiuti da due mesi, ha ancora il ginocchio fasciato dopo l’intervento per rimuovere la pallottola che il commando in azione al corso Arnaldo Lucci gli ha scaricato addosso.

Ora è in carcere per un duplice tentato omicidio avvenuto in piazza Carlo III a dicembre scorso. Il diciottenne è finito in cella nello stesso giorno in cui è stato disposto il carcere anche per i due suoi presunti aspiranti killer e gli altri tre del commando che ha poi messo in atto la stesa da Far West. Una storia che intreccia moventi personali a episodi criminali. Sullo sfondo un astio che affonda radici anche nell’antica contrapposizione tra quelli dell’Alleanza di Secondigliano e quelli del rione Sanità, dove “quelli” sta per gruppi collegati alla camorra cittadina. 

Secondo le indagini della squadra mobile coordinata dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini, nella notte dell’11 dicembre scorso sarebbe stato Moffa a impugnare una calibro 9x21 contro Ciro Vecchione, 21enne con amicizie negli ambienti della mala del rione Sanità e un passato da attore nel film “La paranza dei bambini”, e contro la sua fidanzata. «Forse volevano la mia collana d’oro, vale 5mila euro», raccontò Vecchione agli investigatori che gli chiedevano cosa fosse accaduto. L’ipotesi del tentativo di rapina non ha mai convinto e dalle intercettazioni avviate subito dopo il raid è di fatto emerso altro. 

«Non sparare, in auto c’è la mia fidanzata, tanto ci incontriamo prima o poi…» disse Vecchione al giovane in moto che lo affiancò in auto con l’arma in pugno.

Il dettaglio emerge dalle intercettazioni agli atti dell’inchiesta della Dda. E dalle conversazioni emerge anche che Moffa e Vecchione si erano incontrati già la settimana prima in Romania. «A Bucarest siamo tutti uguali, qua stiamo in terra nostra…A Bucarest ti salutano quando ti vedono, giustamente non tengono quello che devono tenere, per questo zitto io e zitto tu…», raccontò ad alcuni parenti Vecchione, reduce dall’agguato subìto in piazza Carlo III. «Lo acchiappai di faccia e lui si girò di spalle» all’ingresso di una discoteca nella capitale della Romania dove entrambi, il 2 dicembre, erano andati per l’evento di un noto deejay napoletano. Tra i due giovani non correva buon sangue. 

 

E non sembra più una coincidenza che Vecchione sia rimasto vittima di un ferimento simile anche ad agosto 2021. Adesso gli investigatori mettono insieme fatti e circostanze, «benché non sia stato possibile sinora individuare i responsabili», precisano. I fatti sono il ferimento, ad aprile 2021, dell’allora minorenne Moffa insieme a un coetaneo figlio di uno storico esponente del clan Contini; l’incendio doloso, sempre ad aprile di quell’anno, in casa del nonno dell’ex attore; i colpi di pistola esplosi a luglio contro un bar dove pare si trovasse Vecchione. «È evidente che nella zona di Piazza Mercato e Case Nuove c’è una fibrillazione effervescente», ragionano gli inquirenti. Una dynasty a colpi di pistola. Venti di guerra.

E proprio da guerra civile sono i numeri dei bossoli (76 più 5 cartucce) trovati a terra al corso Arnaldo Lucci dopo l’agguato di mercoledì in cui è rimasto ferito Moffa e, per una tragica fatalità, anche Angela V., una 68enne residente in zona. Erano le sei e mezza del pomeriggio e la donna era uscita per fare delle commissioni, mai avrebbe immaginato di ritrovarsi su un letto di ospedale, con l’anca trapassata da un proiettile, a tirare il fiato per essere comunque viva. 

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La donna è stata colpita mentre il commando fuggiva sparando in aria, mettendo in atto quella che nel gergo criminale si chiama stesa e che con il recente decreto Caivano voluto dal governo Meloni rientra nel nuovo articolo del codice penale, il 421 bis, cioè pubblica intimidazione con l’uso delle armi, accusa ben più grave di quella legata alla sola detenzione di pistole. Alcune scene del raid sono state catturate dalle telecamere in strada, il lavoro investigativo della polizia ha poi chiuso il cerchio. Il pm Maria Sepe, che ha coordinato le indagini, ha chiesto e ottenuto la convalida del fermo dei presunti sparatori. Il provvedimento è stato emesso ieri dal gip Marialaura Ciollaro. Disposta la misura cautelare in carcere per i due presunti autori del tentato omicidio di Moffa e della passante: Giuseppe Marigliano (che risponde anche del reato di stesa) e Jennssi Ortega (a cui viene contestata pure la detenzione di una Smith and Wesson). In carcere per armi anche Antonio Sorrentino, Angelo Esposito e Gennaro Leone. Nel collegio difensivo gli avvocati Giuseppe De Gregorio, Carlo Ercolino, Leopoldo Perone.

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